Barbara D’Aumiller
La sua ricerca si è evoluta in questi ultimi dieci anni, andando alla radice di esperienze visive che vengono filtrate attraverso una immaginazione vivace, gioiosa, quasi infantile nella sua libertà.
Le esperienze cromatiche sono la base principale di questi suoi lavori: riprendendo Kandinskij, affiora in essi una voce intima che doveva essere liberata.
Conversando con l’artista emerge la forza di una “necessità interiore”, per liberare un’energia sopita, ma comunque sempre latente nella sua vita; fino ad oggi si era espressa nella ricerca, anche compulsiva, di letture, di musiche, di luoghi, che rispondessero alle esigenze di una curiosità vorace e di un amore sconfinato per la vita.
E l’energia vitale che le sue opere trasmettono si vede bene nelle tracce materiche che lo strumento lascia sulla tela: alle volte la spatola, altre il pennello, ma sempre con una grammatica del segno molto evidente, che, seppur rimandando ad esperienze espressioniste (da Munch ad Hartung si ritrovano molte ascendenze) rivela una sensibilità notevole per la materia pittorica e per la superficie.
L’ordito e la trama della tela si contrappongono ai rilievi materici del colore che emergono dalla superficie (Roma, Energia,…) quasi a voler occupare materialmente lo spazio dell’osservatore. Le opere mostrano una ricerca formale nell’andamento del gesto della spatola, ricreando una nuova tessitura, un nuovo ordine geometrico e formale (e forse anche una nuova stagione della vita).
Le sovrapposizioni dei segni generano profondità, spazi in cui si muovono ombre colorate, tracce di pensieri, immagini retiniche che si posano in angoli della memoria di ciascuno di noi, ma che solo la sensibilità e la capacità dell’artista riescono a far emergere. Poeta o pittore che sia, l’artista possiede strumenti innati che danno vita ai nostri pensieri latenti: Bottegal crea con segni colorati universi che ci appartengono, ma che non riusciamo a decifrare, se non con l’aiuto di un'”antenna” capace di cogliere questi segnali interiori.
Appare da queste tele una acuta sensibilità per il ritmo ed il colore, per gli intervalli quasi sonori dei segni. Il ritmo è una naturale espressione del nostro essere e della natura, è sufficiente mettersi in ascolto per percepire almeno il nostro cuore; ma in alcuni lavori (Erba, Endorfine) emerge un lavoro di ricerca su differenti texture ritmiche, che raccontano del costante e parallelo interesse dell’autore per la musica. L’alternarsi sia dei segni (più larghi, più ridotti) che rimandano alla durata temporale dei suoni, sia dei colori che potrebbero riferire ai timbri e alle altezze, conduce l’osservatore verso un tessuto ritmico musicale che è una delle basi da cui l’artista si muove, ma che ci accomuna, circondati come siamo da continue esperienze sonore.
La ricerca continua di Toni Bottegal, costituita da letture, da frequentazioni di mostre. si “scontra” con un istinto cromatico quasi atavico, che risale all’infanzia, quando prendeva in mano le “pezze” del padre commerciante di tessuti e le accarezzava, immagazzinando già da allora esperienze tattili e visive che si stratificavano, costituendo un archivio inconscio di texture e colori che riemergono così liberamente e così felicemente in queste tele.
E’ la felicità la chiave di lettura ultima che consegno a questo scritto: una sorta di gioia primordiale per la possibilità raggiunta di lavorare solo per sé, di poter esprimere il profondo senza costrizioni, senza maestri e senza regole, se non quelle maturate in anni di professione (l’architetto, la regola, il calcolo si sentono ancora, ma come un suono lontano) e in anni di vita.
I verdi, i rossi, i blu intensi (Rhodesia, Fuoco, Felci Blu, New York…) cantano della gioia che l’artista sente liberarsi e che generosamente regala ai nostri occhi, pieni di ammirazione per tanta libertà e tanta vita.
Barbara D’Aumiller